Le guerre incendiano il clima, i limiti di Rockström e la giustizia climatica secondo COSPE.

In occasione dello sciopero globale per il clima, l’11 ottobre, è doveroso e ancora più necessari,  fare alcune riflessioni sul senso della giustizia ambientale, sottolineare le interconnessioni tra le lotte ambientali e ambientaliste e quelle di una giustizia sociale a tutto tondo.  E’ necessario ricordarne la sua multidimensionalità e inquadrare e contestualizzare l’attuale crisi climatica, alla cui analisi spesso invece sfugge una dimensione ampia che abbracci per esempio una considerazione sulle guerre in atto, sulle questioni di genere, sui diritti umani e quelli civili.  Di seguito un testo di Anna Meli, presidente COSPE e Fulvio Vicenzo, responsabile tema Ambiente per COSPE.  

Nel 2023, la temperatura media globale ha superato il limite di 1,5°C, segnalando il superamento di una soglia di sicurezza. Le Nazioni Unite hanno chiesto un’azione contro le aziende del settore Oil & Gas, trattandole come una minaccia per la salute pubblica. Tuttavia, il legame tra l’uso intensivo di fonti energetiche fossili e la devastazione ambientale causata dalla guerra non viene sufficientemente considerato.

Il 2023 ha visto un aumento del 12% dei conflitti rispetto all’anno precedente, e la spesa militare globale ha raggiunto un record di 2.443 miliardi di dollari.

Le operazioni militari, che producono significative emissioni di gas serra, non sono incluse nei calcoli per il contenimento della crisi climatica. In questo contesto di economia di guerra, le classi dominanti minimizzano l’emergenza climatica, poiché affrontarla richiederebbe ridurre le emissioni e tagliare le spese militari. I venti di guerra sono legati al controllo delle risorse fossili, e i piani per dimezzare le emissioni entro il 2030 e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 rischiano di rimanere solo sulla carta.

 

I grafici disegnano tendenze, ma non accendono emozioni: c’è stato un eccessivo affidamento sui grafici che illustrano l’aumento dei gas climalteranti per sensibilizzare l’opinione pubblica. Sebbene i dati siano chiari, non riescono a trasmettere la drammaticità della crisi. Le curve in crescita di CO2 e metano non si legano immediatamente all’immaginario delle persone, che pure assistono agli effetti visibili della crisi, come inondazioni, incendi e siccità. È necessaria una connessione più visibile tra l’aumento delle combustioni fossili e la distruzione del nostro ambiente. Se non colleghiamo chiaramente queste evidenze, il fatalismo e il negazionismo continueranno a crescere.

 

Un nuovo protagonismo degli studenti e dei giovani: i movimenti giovanili, come Ultima Generazione, stanno tornando alla ribalta con azioni di disobbedienza civile per sollecitare l’attenzione politica sulla crisi climatica. Sebbene ancora limitati, questi movimenti potrebbero rappresentare una speranza per la transizione ecologica, ma affrontano una crescente repressione da parte dei governi, soprattutto in Europa.

Negli Stati Uniti, la libertà accademica è sotto attacco, con studenti che protestano contro la guerra e l’ingiustizia climatica affrontando dure repressioni. L’escalation di questi movimenti suggerisce che un nuovo risveglio giovanile potrebbe essere in arrivo, unendo le lotte per il clima, la giustizia sociale e la pace.

La lotta contro i combustibili fossili è solo il primo passo verso la giustizia sociale e climatica. Tuttavia, per vincere questa battaglia, è necessario andare oltre il semplice obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio.

L’approccio innovativo dei limiti planetari di Rockström: Johan Rockström, ecologo svedese, ha proposto un nuovo modello, basato sui limiti planetari, che offre una visione multidimensionale della crisi ecologica. Il suo approccio identifica i sistemi naturali fondamentali per la vita sulla Terra e stabilisce soglie oltre le quali si rischiano cambiamenti catastrofici.

Rockström ha individuato nove processi biofisici da preservare entro limiti definiti, tra cui il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’acidificazione degli oceani e la riduzione dello strato di ozono. Superare uno o più di questi confini potrebbe portare a un punto di non ritorno. Attualmente, abbiamo già superato sei dei nove limiti planetari, il che mette in grave pericolo la stabilità del pianeta. Il modello dei limiti planetari di Rockström offre dunque una visione integrata della crisi, collegando la giustizia climatica con quella sociale e proponendo una governance globale che tuteli i beni comuni planetari, essenziali il pianeta e per la vita sulla Terra.  Una trasformazione radicale del sistema economico e politico globale è necessaria per affrontare la crisi climatica e costruire un futuro sostenibile.

COSPE e le sfide interconnesse: le riflessioni ed i discorsi sui limiti planetari, e sulle trasformazioni che il sistema Terra dovrebbe affrontare per gestire il deterioramento dei sistemi naturali, come anche promosso e sostenuto in vari progetti che COSPE realizza in varie aree del mondo, devono contemplare necessariamente, dei “corridoi sicuri e giusti” ovvero la ricerca sui limiti planetari deve con urgenza integrare gli aspetti di giustizia legati agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).

Il tema dei diritti umani come anche il diritto legale a un ambiente pulito, sano e sostenibile riconosciuto dalle Nazioni Unite nel 2022, richiede il riconoscimento delle sfide interconnesse poste dalle crisi planetarie che stiamo vedendo sotto i nostri occhi.

Questa scelta, che sposa i concetti di interdipendenza e di visione della complessità della policrisi che viviamo e che promuoviamo nei nostri interventi, punta a garantire la stabilità  biofisica del sistema terrestre, ma allo stesso tempo include i principi di giustizia climatica e sociale per ridurre i danni, soddisfare i bisogni minimi e facilitare l’accesso e la redistribuzione delle risorse e delle responsabilità per migliorare la salute e il benessere umano.

E’ necessario chiarire che i doveri degli Stati in merito ai loro impegni internazionali in materia di diritti umani (in primis sui sistemi economici globali e sulle catene di fornitura globali di beni e servizi)  sono profondamente connessi al diritto a un ambiente sano e di conseguenza nel profondo cambiamento dei sistemi terrestri che stiamo vivendo.

Allo stesso tempo anche i diritti civili e politici devono essere salvaguardati per garantire l’azione e la partecipazione collettiva alle sfide socio-ecologiche planetarie.

Questo quadro, è stato confermato dal recentissimo rapporto –“A just world on a safe planet: a Lancet Planetary Health–Earth Commission report on Earth-system boundaries, translations, and transformations – della Commissione Terra-Salute del pianeta, del Lancet, a cui ha collaborato anche Johan  Rockstrom.

 

9 ottobre 2024